PEer voi è possibile assumere 3 soci (il consiglio di amministrazione, insomma) di una srl nella medesima società?
grazie mille
Io solitamente li gestisco con dei cococo, si stabilisce a verbale il compenso annuo da amministratore, e poi verifico che non abbiano già un altra posizione contributiva (esempio..gestione commerciante), sulla base di quello stabilisci l'aliquota da applicare nel cedolino.
scusa, se i soci volessero essere assunti come dipendenti? senza versare nè inps commercianti (per poter giustificare il compenso) nè gestione separata (per il compenso percepito)?.................
mancherebbe il presupposto fondamentale. la subordinazione vedasi circolare INPS 179 del 1989
pero' ho trovato questi riferimenti (uno è proprio la citata circolare), che ne pensate?
In tal senso varie sentenze della cassazione e circolare INPS n. 179 del 08 agosto 1989
Vedi anche
INPS - Informazioni
In cui testualmente è indicato:
"NOTA BENE -se il socio di srl non gestisce autonomamente il proprio lavoro, ma è soggetto ad etero-direzione (da parte del Consiglio di Amministrazione) in termini di rispetto degli orari prestabiliti, di giustificazione assenze, di sanzioni disciplinari,, il suo lavoro è inquadrabile come lavoro dipendente. Ciò può accadere anche quando il socio fa parte del consiglio di amministrazione poichè pur essendo egli stesso un amministratore, può subire le decisioni di una maggioranza contraria. Non è invece possibile quando è amministratore unico. Per quanto riguarda invece l'eventualità che, il socio di srl possa instaurare con la società un rapporto di collaborazione iscrivibile alla Gestione Separata ex art. 2 della L. n. 335/95 la valutazione va effettuata caso per caso, poichè il contratto deve evere una autonoma connotazione rispetto alle generiche finalità descritte dall'oggetto sociale. In altre parole non deve trattarsi dello svogimento di attività tipiche di organizzazione, esecuzione e gestione della società.
l 3SOCI DIPENDENTI IN SRL
Un´Azienda commerciale S.R.L. ha n.3 soci che lavorano (tutti e tre) in
Azienda con la qualifica di lavoratori dipendenti . L´Azienda non ha un
amministratore unico, ma sono gli stessi soci che fanno parte del consiglio di
amministrazione (non percepiscono alcun compenso come amministratori) . Nessuno
dei 3 ha una quota superiore al 50% del capitale sociale . Ogni dipendente
(socio) quindi risponde agli altri 2 soci del proprio operato come lavoratore
subordinato . Può essere tollerata una situazione del genere, in caso di
verifica ispettiva . Sarebbe opportuno redigere un verbale di assemblea con
riparto fra i 3 soci amministratori delle aree di competenza ?
Soluzione proposta:
NESSUNA
Risponde l'esperto:
Recentemente l’Inps, con il messaggio INPS n. 12441 del 08/06/2011, ha
affrontato la questione della possibilità di sussistenza di un rapporto di
lavoro dipendente contemporaneamente all’espletamento di una carica sociale,
nella specie il presidente, che potrebbe essere rivestita di poteri tali da
incidere direttamente e autonomamente sul processo di formazione della volontà
dell’Ente.
Ai fini della risposta al quesito risulta interessante il secondo paragrafo
del messaggio, ove si affronta in linea generale la questione del rapporto
organico con quello di lavoro dipendente.
L’INPS ricorda che esiste una consolidata giurisprudenza di legittimità la
quale “ha in primo luogo sancito un principio di assoluta incompatibilità tra
la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di
amministratore unico della medesima. Analoga esclusione ricorre nel caso in cui
il socio partecipi (direttamente o indirettamente) al capitale sociale in una
misura capace di assicurargli, da sola, la maggioranza richiesta per la
validità delle deliberazioni assembleari, tanto da risultare sovrano della
società stessa, rispetto alla quale, pertanto, non può assumere
contemporaneamente anche la diversa figura di lavoratore subordinato”.
In particolare il messaggio richiama la sentenza n. 1793/1996 della Corte di
Cassazione ove i giudici hanno affermato che: “né il contratto di società, né l’
esistenza del rapporto organico che lega l’amministratore alla società, valgono
ad escludere la configurabilità di un rapporto obbligatorio tra amministratori
e società, avente ad oggetto, da un lato la prestazione di lavoro e, dall’altro
lato, la corresponsione di un compenso sinallagmaticamente collegato alla
prestazione stessa. Ciò perché, in particolare, il rapporto organico concerne
soltanto i terzi, verso i quali gli atti giuridici compiuti dall’organo vengono
direttamente imputati alla società……….; con la conseguenza che, sempre verso i
terzi, assume rilevanza solo la persona giuridica rappresentata, non anche la
persona fisica. Ma nulla esclude che nei rapporti interni sussistano rapporti
obbligatori tra le due persone”.
La massima della Suprema Corte è largamente condivisibile e, nel caso in cui
nel corso di un accesso ispettivo si volesse qualificare la prestazione resa da
un amministratore, non come inserita nel rapporto organico, ma indicativa di un
rapporto di lavoro subordinato, come giustamente affermato dall’INPS, occorrerà
che “sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della
subordinazione, cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato,
nonostante la qualità di amministratore, al potere direttivo, di controllo e
disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso”.
In via più generale si deve verificare che sussista quella che è tecnicamente
definita “eterodirezione” ciò la dipendenza da un soggetto diverso (Consiglio
di amministrazione), in difetto di tale presupposto non può ritenersi
sussistere un rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c..
Dal tenore del quesito ci pare di poter affermare che:
*** Il potere deliberativo e di formazione della volontà dell’Ente sia
affidato all’organo “Consiglio di amministrazione” soggetto collegiale che si
configura sostanzialmente diverso dal singolo socio/amministratore.
*** I soci svolgono, concretamente, attività di lavoro dipendente con mansioni
distinte da quelle relative al rapporto organico.
Non resta altro che verificare “rigorosamente” la sussistenza del vincolo di
subordinazione, anche nella forma attenuata del lavoro dirigenziale.
Ricorrendo i citati presupposti, a nostro parere la SRL in argomento non deve
temere alcuna visita ispettiva e non necessita di assegnare aree di competenza
ai singoli amministratori proprio per non correre il rischio di attenuare o
annullare il vincolo di subordinazione che li lega al Consiglio di
amministrazione.