E' esatto: un sacco di incertezze, specie sul regime tributario, che non è scontato sia il regime di cassa previsto per i professionisti in generale, per una serie di ragioni.
Questo è quello che ho riportato in una slide in corso di formazione lo scorso anno:
Reddito di lavoro autonomo
E' necessario che venga confermato che il reddito prodotto dalle società professionali, anche se organizzate nella forma di società commerciali, sia determinato secondo le regole del reddito di lavoro autonomo (quindi con il principio di cassa). Del resto, diversamente interpretando si creerebbe una ingiustificata disparità fra coloro che determinano il reddito secondo le regole del reddito di impresa e quelle che invece lo determinano secondo le regole del reddito di lavoro autonomo, come nel caso delle società tra avvocati (D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96; R.M. 28 maggio 2003, n. 118/E).
e poi continuando:
Reddito d'impresa
Questa interpretazione, però, si scontra con il dato letterale dell'art. 6. co. 3, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 che attribuisce natura (e modalità di determinazione) di reddito d'impresa a qualunque tipologia reddituale (e quale sia l'oggetto sociale perseguito) posseduta da società in nome collettivo. Il medesimo principio vale per le società di capitali: l'art. 81, Tuir stabilisce che "il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali (.....) da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d'impresa".
Per cui quanto riportato nella R.M. 28 maggio 2003, n. 118/E appare in contrasto con il dettato normativo dell'art. 6. co. 3, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 che attribuisce natura (e modalità di determinazione) di reddito d'impresa a qualunque tipologia reddituale prodotta da società commerciali., almeno che non si intenda come malcostume italiano ormai diffuso, dare prevalenza ad un interpretazione ufficiale dell'AdE, a dispetto della norma.
Unusquisque faber fortunae suae
(Traduzione: Ognuno è artefice della propria fortuna) di Appio Claudio